Casa Biagetti, un edificio situato nel cuore di Acquasparta (TR), è stata protagonista di una lunga battaglia contro la criminalità organizzata. L'immobile è stato inizialmente sequestrato nel 2008 a causa dei legami con il clan siciliano di Resuttana e successivamente confiscato nel 2015. L’imprenditore palermitano, residente a Terni, poi coinvolto nelle indagini, avrebbe infatti acquistato il bene servendosi di denaro ”sporco” in qualità di prestanome della cosca capeggiata dalle famiglie Madonna e Di Trapani.
Ora, finalmente, la palazzina sta per essere restituita alla comunità sotto forma di appartamenti destinati a coloro che desiderano formare una famiglia e stabilirsi nel paese. L'avvio dei lavori è imminente: è avvenuta infatti ieri mattina la consegna delle chiavi dal Comune di Acquasparta all’ATER (Azienda Territoriale per L’edilizia Territoriale) regionale e all’impresa Bardani Bruno & C. Srl, di Ponte Felcino, che provvederà alla ristrutturazione dell’immobile e alla realizzazione di quattro appartamenti e un monolocale a canone concordato.
Il sindaco di Acquasparta, Giovanni Montani, ha espresso grande soddisfazione per l'avvio dell'intervento che restituirà alla comunità un bene sottratto alla criminalità organizzata siciliana. Il progetto vede la partecipazione dell’Ater, del Comune di Acquasparta, della Regione e dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati del Ministero dell’Interno e punta alla riqualificazione di un edificio che era vivace e prestigioso ritrovo culturale nei primi decenni del ‘900 per volontà del filantropo Angelo Biagetti, che in quella casa ha dimorato con la sua famiglia, proprio davanti all’illustre sede dell’Accademia dei Lincei, prima scuola scientifica europea.
“La giornata di oggi costituisce l’esempio dell’applicazione della Legge La Torre e della Legge 109 del 1996 e permette che la restituzione alla comunità dei beni confiscati alle mafie diventi un’occasione di impegno per il bene comune” dichiara l'associazione Libera Umbria, che ha costantemente spinto le amministrazioni locali ad agire e ha seguito passo passo l’iter della “Casa Biagetti” e non solo. Attualmente infatti, sono un centinaio i beni confiscati alle mafie in Umbria, tra questi, ben 44 sono stati assegnati a enti e associazioni per essere recuperati e destinati a scopi sociali.
Non solo quindi si promuove il recupero edilizio, restituendo agli immobili un ruolo positivo nella società, ma si offre anche una possibilità concreta alla comunità, favorendo la permanenza e la crescita della popolazione nel paese.
"La consegna delle chiavi riassume in sé molti valori a partire da quello simbolico, quello sociale, quello della legalità e della rigenerazione edilizia, tutti valori che contraddistinguono il lavoro della Fillea Cgil dell'Umbria '" - hanno dichiarato Claudio Aureli e Francesca Biscioni presenti all’evento.
Riteniamo infatti che la giornata di ieri significhi la vittoria della legalità. Auspichiamo quindi che seguendo questa scia i lavori di ristrutturazione procedano sempre nel pieno rispetto della sicurezza e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che verranno impiegati nel cantiere.
Questo decisivo segnale di lotta alla criminalità organizzata non sarebbe stata possibile senza il costante impegno di associazioni come Libera e il sostegno delle istituzioni. Il recupero di beni confiscati non solo rappresenta un segno di giustizia, ma contribuisce anche a costruire una società più sana e sicura per tutti i cittadini, una società in grado di recepire le esigenze dei più vulnerabili e di adottare soluzioni sostenibili. Si tratta di un processo lungo che richiede la collaborazione tra tutti, istituzioni, associazioni, cittadini, nella consapevolezza che trasformare spazi già esistenti in luoghi di cultura, di solidarietà, di partecipazione e di innovazione sociale è possibile. La riqualificazione urbana non è solo una questione estetica o funzionale, ma anche un modo per riaffermare i valori della democrazia, della giustizia, della legalità e della convivenza civile.