Il panorama delle pensioni in Italia continua ad essere caratterizzato da promesse del Governo che sembrano non tradursi in miglioramenti concreti. Nonostante l'impegno dichiarato nel modificare la Legge Fornero, la situazione mostra un ulteriore aggravamento.
Il Governo aveva infatti annunciato in campagna elettorale e rassicurato ai tavoli tecnici l'intenzione di eliminare la Legge Fornero. Tuttavia, le dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro Durigon, riportate su "La Repubblica" del 15 gennaio scorso, sollevano dubbi sulla credibilità di tali promesse. Il sottosegretario infatti, ammette l’impossibilità di una cancellazione della Legge 92/2012 perché costerebbe troppo, mentre la strategia attuale punta ad adottare modifiche e aggiustamenti attraverso l’introduzione di salvaguardie e la riduzione graduale dell’impatto delle pensioni retributive.
Secondo le analisi condotte dall'Ufficio politiche previdenziali della Cgil, nel 2024 le tre misure previdenziali (Ape sociale, Quota 103, Opzione donna) che avevano tentato di correggere quella Legge, saranno accessibili solo a una ristretta minoranza e avranno quindi un impatto limitato:
Ape sociale: L'aumento di 5 mesi nell'età necessaria comporterà che solo 9.000 persone potranno beneficiare di questa misura.
Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi): L'applicazione del ricalcolo contributivo e l'estensione delle finestre di uscita avranno un impatto limitato, con soli 2.500 beneficiari nel 2024, escludendo totalmente le donne che avrebbero potuto accedere al pensionamento con Opzione donna nel 2021.
Opzione donna: L'aumento di un anno nell'età richiesta ha reso questa misura praticamente inutile, coinvolgendo solamente 100 donne, nonostante gli annunci governativi precedenti. Nel 2024, per accedere a Opzione donna bisognerà avere 61 anni e 35 anni di contributi maturati. Il requisito anagrafico viene scontato però di un anno per ciascun figlio entro un massimo di due anni. Una misura fortemente criticata già lo scorso anno perché penalizzante economicamente anche a causa della carriera contributiva maggiormente discontinua delle donne per motivi quali il family caring, la maternità o l’ingresso tardivo nel mercato del lavoro e l’aver svolto per lo più occupazioni flessibili e precarie quindi con contribuzioni basse. A questo si aggiungono la mancanza di premialità previste per il lavoro di cura che nella maggior parte ricade sulle loro spalle e una visione discriminante e valoriale di parte che attribuisce un riconoscimento in base alla scelta di avere figli o meno.
“Tanti annunci da parte del Governo, ma alla fine non hanno fatto altro che fare cassa con le pensioni - dichiara Roberto Panico, coordinatore regionale dell’Inca Cgil Umbria - che denuncia la mancanza di flessibilità nelle opzioni di pensionamento e la riduzione della perequazione delle pensioni, mentre la legge di riferimento di fatto rimane la Monti-Fornero.
Si tratta di una presa in giro – rincara Panico – perché la questione della previdenza non viene affrontata in modo strutturale, ma lasciata al sostegno garantito dai contributi versati dai lavoratori.
La trasformazione in corso nel mondo del lavoro fondata sull’intreccio tra automazione e digitalizzazione e l'aumento dell'aspettativa di vita sono due fenomeni che pongono sfide e opportunità anche per il sistema previdenziale. Per garantire la sostenibilità e l'equità di un servizio essenziale, è necessario che sia finanziato adeguatamente attraverso la fiscalità generale, evitando di scaricare il costo sulle generazioni future. Le riforme pensionistiche degli ultimi anni, a differenza della Riforma Dini che introduceva degli adeguamenti progressivi, sono state adottate dal governo in carica attraverso Quota 100 in poi senza considerare i principi di equità e sostenibilità, generando disparità tra i lavoratori e dubbi sul loro futuro dopo il pensionamento.
Un atteggiamento quello del Governo Meloni giudicato irresponsabile dal coordinatore regionale dell’Inca Cgil, basti pensare che “in alcuni casi chi ha maturato i requisiti per la pensione a dicembre 2023 prenderà una pensione diversa da chi li ha maturati nel 2024 ed ha dovuto apprendere la decisione a distanza di pochissimi giorni, con conseguente stress provocato sia tra i giovani che pianificano il loro futuro sia tra i pensionati. Anche la riduzione del cuneo fiscale, confermata dal Governo Meloni, solleva interrogativi su come verranno realmente utilizzati i fondi, poiché provengono dalla fiscalità generale basata sulle tasse pagate da lavoratori e pensionati. Obiettivo dello Stato è quello di assicurare il rispetto del patto sociale che lega i cittadini tra loro e con le istituzioni. Questo patto si basa su diritti e doveri reciproci, che devono essere garantiti in modo equo ed efficace. Se lo Stato non riesce a svolgere questo ruolo, - conclude Panico - il patto sociale si indebolisce e si creano disuguaglianze e conflitti”.
Con il Governo Meloni prevedere un anticipo della pensione è sempre più complesso. Tuttavia per i lavoratori edili, ci sono sviluppi positivi grazie alla contrattazione.
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