Nelle ultime settimane, il dibattito politico umbro si è infiammato attorno alla manovra regionale e, in particolare, alla rimodulazione dell’addizionale IRPEF. Una manovra che è passata da un gettito previsto di 90 milioni a 52 milioni di euro, dopo il confronto – seppur frettoloso – con parti sociali e forze economiche.
L’impianto definitivo prevede l’esenzione totale dall’addizionale per i redditi fino a 28.000 euro, soglia entro la quale si colloca la maggioranza dei contribuenti umbri, ma lascia intatti i problemi strutturali del territorio. Perché al di là della modulazione delle aliquote e degli sgravi, il vero tema riguarda lo stato di salute del sistema regionale e il senso profondo della fiscalità come strumento di equità, redistribuzione e investimento per il futuro.
Le tensioni emerse in questi giorni sono il sintomo di una fragilità sistemica che riguarda in particolare sanità, welfare, lavoro e coesione sociale. Come sindacato delle costruzioni, lo vediamo ogni giorno nei cantieri, nei quartieri, nei territori marginali. L’Umbria ha bisogno di un nuovo modello di sviluppo, che parta dai bisogni reali della popolazione e non solo dai saldi di bilancio.
Secondo i dati Istat, nel 2024 la percentuale di popolazione in povertà relativa in Umbria ha superato il 12%, con un aumento progressivo rispetto al 10,6% dell’anno precedente. A fronte di una popolazione sempre più anziana e con una natalità in calo, il rischio è quello di una marginalizzazione crescente di chi lavora, di chi ha redditi medi o bassi, di chi vive nelle aree interne. Nel 2023 l’Umbria ha registrato un PIL pari a 26,1 miliardi di euro, ma con una variazione reale negativa dello 0,1%.Il PIL pro capite umbro (30.531 euro) rimane significativamente al di sotto della media italiana (36.078 euro) e di quella del Centro Italia (38.600 euro), indicando una persistente debolezza strutturale del tessuto produttivo regionale, in cui il valore aggiunto proviene in larga parte da servizi, industria e costruzioni.
In questo contesto si inserisce anche la situazione critica in cui versa il sistema sanitario, e non da oggi. Persistono infatti forti limiti in termini di presa in carico del paziente, digitalizzazione dei percorsi e riduzione della mobilità passiva. L’Umbria, ad esempio, registra ancora tassi elevati di ricoveri fuori regione, secondo i dati Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), negli ultimi cinque anni la mobilità passiva è aumentata del 23,9%, a testimonianza di un sistema sanitario che fatica sempre più a garantire cure adeguate sul territorio. La spesa sanitaria regionale poi, non è solo sotto pressione per effetto dell’inflazione e dell’invecchiamento della popolazione, ma anche per l’inefficienza di alcuni processi interni, come la gestione dei CUP o la frammentazione dei percorsi assistenziali.
In tal senso, la scelta di chiedere un ulteriore sforzo fiscale alle fasce medie – per lo più costituite da lavoratori dipendenti e pensionati – senza un piano di riforme strutturato e partecipato rischia di diventare una misura regressiva. Come Fillea Cgil Umbria, riteniamo essenziale avviare un confronto solido e ad ampio raggio affinché siano affrontati i nodi della sanità e della giustizia sociale e previsti investimenti nei presidi territoriali, nella medicina preventiva e nei servizi domiciliari, oltre che un reale coinvolgimento delle comunità locali.
Ma è altrettanto necessario un nuovo “Piano regionale del lavoro” che metta al centro l’occupazione stabile, la sicurezza nei luoghi di lavoro e una politica industriale in grado di valorizzare settori strategici come l’edilizia, la rigenerazione urbana e la riconversione ecologica.
Non basta dire che si tagliano le tasse o che si riduce il disavanzo. Occorre definire dove e come si vuole intervenire per ricostruire fiducia. La fiscalità deve essere progressiva, ma soprattutto finalizzata a politiche pubbliche che generino benessere, qualità della vita, diritti di cittadinanza.
Solo così si può tornare a dare senso al contributo richiesto ai cittadini e rafforzare il legame tra istituzioni, lavoratori e territori.
Serve il coraggio di aprire una stagione di partecipazione reale, che coinvolga forze sociali, amministrazioni locali, imprese e cittadini.
In questo senso, i referendum promossi dalla Cgil per l’8 e 9 giugno rappresentano un’occasione importante per riaprire una discussione collettiva sulla dignità del lavoro e su un modello di sviluppo che guardi a un cambiamento strutturale nell’ottica della responsabilità condivisa, della tutela dei diritti a partire da chi lavora, da chi costruisce il futuro.
Elisabetta Masciarri, segretaria generale Fillea Cgil Umbria