Il recente rapporto Istat pubblicato dalla Camera di Commercio di Perugia mette in chiaro quanto l’Umbria sia ancora una regione che non ha del tutto fatto i conti col tema della violenza sulle donne.
Dal dato che emerge relativamente alle violenze fuori dal luogo di lavoro l’Umbria insieme alla Liguria si attesta nel primato negativo di essere in vetta alla classifica. E nei luoghi di lavoro siamo di ben 4 punti percentuali sopra la media nazionale. Una regione che non riesce ad entrare a pieno titolo nelle logiche di rispetto della persona al di là del genere. Perché? Non credo sia possibile una risposta univoca anche se la prevalente cultura patriarcale è la base che legittima atti di violenza. Negare l’esistenza di un problema equivale a non volerlo sradicare.
Certamente la stagione attuale ha visto anni oscuri anche in Umbria con lo spettro di un terribile ritorno al passato. Dall’Umbria infatti è partita un’offensiva contro il diritto all’aborto, rendendolo una colpa, chiudendo i consultori e utilizzando una narrazione che trasforma una scelta garantita dalla legge in una colpa morale. Si tratta di un attacco alla libertà delle donne, che non si limita alla sfera personale, ma si estende a quella sociale ed economica.
Nonostante una leader nazionale donna al governo del Paese, i diritti delle donne sono messi in seria discussione: lo sono nel diritto base di poter scegliere. Lo sono perché non ci sono politiche per il sostegno alla maternità. In una società in continua trasformazione dove si va sempre in pensione più tardi oggi la vera sfida sarebbe aumentare l’offerta di asili nido e renderli gratuiti. Una legge che tuttavia non è mai decollata a livello nazionale lasciando alla dimensione locale con tutte le conseguenze del caso. Il tasso di occupazione femminile così rimane al palo, cioè tra i più bassi d’Europa perché alla fine dei figli se ne deve occupare la madre. Non è questa cultura patriarcale? Per non parlare della precarietà e del gender gap che non accennano a migliorare. La libertà economica è oggi un veicolo forte per il lavoro che deve essere stabile e dignitoso.
Tuttavia, anche il linguaggio della politica, spesso volgare e ricco di allusioni contro l’autodeterminazione delle donne, contribuisce a creare un clima ostile e regressivo. Come Segretaria Generale della Fillea Cgil Umbria, una categoria storicamente a prevalenza maschile, credo fermamente che sia necessario un impegno straordinario da parte di tutti. Dobbiamo promuovere una vera e propria educazione permanente, che parta dalle scuole e si estenda ai luoghi di lavoro, per affermare il rispetto e la dignità delle donne. Solo attraverso un’azione culturale profonda e diffusa potremo contribuire in modo efficace alla costruzione di una società più giusta, libera da ogni forma di violenza e discriminazione.
Elisabetta Masciarri, segretaria generale Fillea Cgil Umbria